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Giancarlo Sangregorio: tracce, impronte, visioni
Giancarlo Sangregorio: tracce, impronte, visioni
Nel centenario della nascita di Giancarlo Sangregorio, scultore appartato e profondamente originale del secondo Novecento, una conferenza lo celebra restituendone lo spessore artistico e umano. Non si tratta solo di commemorare una figura significativa della scultura italiana, ma di ascoltarne ancora, attraverso le opere e i documenti, la voce intensa, controcorrente, ostinata. Una voce che non ha mai cercato di aderire alle mode, ma che ha continuato a interrogare la materia, il tempo e la forma con uno sguardo aperto sul mondo.
Nato a Milano nel 1925, Sangregorio si avvicina da autodidatta alla scultura, spinto dal fascino ruvido delle cave dell’Ossola, dove la pietra “parlava” già da sola a chi sapeva ascoltarla. Dopo il liceo classico, studia all’Accademia di Brera sotto Marino Marini, maestro da cui eredita la libertà di pensiero più che uno stile. Ed è proprio questa libertà che lo conduce in Versilia, a lavorare il marmo delle Apuane e la ceramica a Viareggio, per poi intraprendere lunghi viaggi che plasmeranno il suo immaginario.
Dagli anni Cinquanta Sangregorio espone in Italia e all’estero, partecipa alla Quadriennale di Roma, alla Biennale di Venezia, alla Biennale di Scultura di Carrara. È presente nei saloni d’arte di Parigi, Bruxelles, Basilea, Colonia, ma si tiene alla larga da ogni accademia, da ogni gruppo, da ogni corrente.
Il suo percorso è, sin dagli esordi, fuori dai canoni. Pur osservando con interesse l’arte informale, Sangregorio si muove su traiettorie proprie, spesso segnate da viaggi che sono vere e proprie immersioni antropologiche: in Africa tra i Dogon del Mali, in Nuova Guinea lungo il fiume Sepik, o lungo la Via della Seta, tra Samarcanda e Bukhara, per esplorare simboli e tecniche dei popoli nomadi. Esperienze che nutrono la sua riflessione sull’arte come “avvenimento”, come esperienza viva e non forma chiusa.
Le sue opere non si lasciano definire: sculture? oggetti poetici? gesti plastici? Sangregorio interroga la materia come fosse spirito. Utilizza pietra, vetro, legno bruciato, gommapiuma, feltro, carbone, materiali che diventano pretesti per dissolvere le categorie, per destabilizzare ogni certezza percettiva. Celebri i suoi esperimenti sulla “pietra levitante”, i rilievi rupestri scolpiti nelle rocce, e le “Impronte”, esposte nel 1994 alla Fondazione Mudima, segni di un passaggio, più che opere finite.
Il suo studio di Sesto Calende, dove ha vissuto e lavorato fino al 2013, è oggi sede della Fondazione Sangregorio, che custodisce la sua eredità e ne divulga il pensiero, divenuto nel tempo sempre più attuale. Perché Sangregorio, con discrezione e radicalità, ci ha insegnato che l’arte è un viaggio senza mappa, che non ripete mai se stessa, e che sa ancora spostare lo sguardo – oltre il gesto, oltre la forma.
In un’epoca che fatica a distinguere l’essenziale dal superfluo, Sangregorio ci appare oggi non solo come artista, ma come maestro di sottrazione e autenticità. Il convegno per il suo centenario non è solo un omaggio: è un invito a tornare a vedere.
Fonte: Redazione Canale Cultura