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Dopo Hydra, è Leros l’isola greca che sta diventando la prossima art destination
Dopo Hydra, è Leros l’isola greca che sta diventando la prossima art destination
Appena arrivato a Leros, ho avuto la strana impressione di trovarmi dentro un quadro di Giorgio de Chirico. Il sole accecante, i palazzi geometrici e severi, il silenzio sospeso come una nota prolungata nel tempo. Le forme dell’architettura razionalista italiana che punteggiano Lakki – ex Portolago – sembrano appartenere più a un sogno metafisico che al reale. Nati tra gli anni Venti e Trenta sotto l’occupazione italiana del Dodecaneso, questi edifici raccontano un’utopia incompiuta, dove la funzione si fonde con l’ideologia, e la bellezza si fa austera, quasi ascetica.
È in questo paesaggio sospeso, in questa isola minore e marginale, che sta emergendo una delle esperienze artistiche più potenti e sofisticate del Mediterraneo. Leros non è più solo memoria di guerra e architettura coloniale: grazie al lavoro di Perasma, piattaforma curatoriale attiva tra Istanbul e Atene, si sta affermando come destinazione culturale imprescindibile per il 2025.

Courtesy of Eftihia Stefanidi
Alla Scuola Elementare di Lakki, Gülsün Karamustafa installa Mother Tongue, un’opera site-specific che riflette sul divieto di insegnare il greco sotto il regime fascista italiano. In quel luogo stesso, i bambini erano costretti a dimenticare la loro lingua madre. È un’opera silenziosa ma lacerante, dedicata a tutte le lingue represse o dimenticate del mondo.

Gulsun Karamustafa Installation Photo by Eftihia Stefanidi
Alla Kandioglou Mansion, Brian Eno propone una serie di lightbox e installazioni sonore che rallentano il tempo e invitano alla contemplazione, mentre Takis rende visibile l’invisibile con sculture che vibrano di magnetismo. Korakrit Arunanondchai intreccia mitologie personali e memorie postcoloniali in una videoinstallazione visionaria, e TM Davy ci offre cinque dipinti in cui farfalle e piante autoctone si sfiorano in un’intimità fragile e silenziosa.
Tra le sorprese più incredibili, Joline Kwakkenbos, che dopo una residenza a Leros, presenta autoritratti vibranti e stratificati, riflessioni su identità queer e metamorfosi. Margherita Chiarva invece trasforma la geografia in emozione. Il suo progetto, The Archipelago Within, si espande in uno spazio sospeso tra installazione e ambiente relazionale. Più che un’opera, è uno stato d’animo. Chiarva ci invita a percepire l’isola come metafora dell’identità: ogni isola un sé, ogni distanza una relazione possibile.

courtesy of Eftihia Stefanidi
Lola Montes Schnabel, con le sue sculture in ceramica, sembra instaurare un dialogo profondo e intuitivo con le ceramiche di Lucio Fontana. Non quelle più celebri, tagliate e spaziali, ma quelle modellate a mano, spesso terrigene e quasi totemiche, in cui la materia si fa gesto, simbolo, evocazione. Come Fontana, anche Schnabel lavora la terra non come superficie, ma come origine. I suoi pezzi, sospesi tra figurazione e astrazione, sembrano frammenti di un linguaggio perduto.

Courtesy of Eftihia Stefanidi

Courtesy of Eftihia Stefanidi
Il Perasma Store, Χαγιάτι / Hayat, prende il nome dallo spazio semiaperto tipico dell’architettura ottomana: un luogo tra dentro e fuori, tra intimità e incontro. Tra gli oggetti selezionati: sandali greci, rituali artigianali, edizioni rare. Anche qui nulla è puramente commerciale: ogni oggetto sembra parte di un rito, di un racconto più grande. Lo store presenta una selezione accurata di marchi e designer indipendenti in risonanza con l’isola e le opere in mostra. Tra i nomi presenti: 2WO+1NE, Adad Books, Alma Rituals, Anaktae, Ancient Greek Sandals, Aumorfia, Callon London, Currently ooo, Elei, Evren Kayar, George Troch, MAAN Island Wear, Mantility, Pame, Romane Prunières, Sanktoleneo, St. Pia, Zazie Lab e Zeus + Δione. Ogni oggetto, ogni gesto, è parte di una narrazione diffusa che attraversa arte, materia e luogo.

courtesy of Eftihia Stefanidi



Il vento rimbalza sulle pareti curve, e in quel silenzio rarefatto si comprende qualcosa che va oltre il linguaggio. Come se l’arte fosse già scritta nella pietra, prima ancora di essere pensata. Leros non è solo un’isola. È un metodo. Un modo di vedere, di ascoltare, di stare. Qui, l’arte si muove tra rovine e vento, memoria e futuro, gesto e intuizione. Non esiste una “scena” artistica, ma una costellazione di presenze. Perasma non ha imposto un’estetica alla località, ma ha lasciato che fosse il luogo a dettare i tempi, le pause, le parole. Ogni estate, collezionisti, curatori, artisti e viaggiatori si ritrovano qui. Ma non c’è glamour forzato, né festivalismo compulsivo. È tutto più lento, più intimo, più vero.

Muro d’ascolto

Fonte: articolo di Riccardo Freddo – Vogue